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Violenza di genere: tra vittime e carnefici il fenomeno uccide più della mafia
SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Nel 2019 sono state 95 le donne uccise per mano di un uomo. Il comune di San Benedetto, e in particolare l’assessore Antonella Baiocchi, si stanno muovendo in modo molto incisivo per combattere la violenza di genere, nella battaglia per l’acquisizione della consapevolezza culturale sul fenomeno.
Oggi pomeriggio è previsto un incontro all’Auditorium Tebaldini alle 17,30 dal titolo “Ama.ti”, in occasione della Giornata della violenza sulle donne, ma già nel fine settimana di vigilia all’evento c’è stata occasione per riflettere su questo grave problema sociale.
Al convegno di sabato scorso dal titolo “La violenza di genere: alla ricerca del carnefice” il fenomeno è stato scandagliato nelle sue origini psichiche, sociali e personali. Il conflitto nasce da una dicotomia dell’alterità che, come ha spiegato la Baiocchi, spesso si risolve con la prevaricazione da parte del più forte.
Interessante la teoria del moderatore, lo psicologo Vincenzo Luciani secondo il quale il termine femminicidio andrebbe sostituito con donnicidio, per connotare il ruolo sociale e non il sesso biologico della donna. In risposta la giornalista Paola Maria Cimarelli ha sottolineato l’appropriatezza del termine femminicidio soprattutto quando si tratta di delitti passionali.
Non solo donne tra le vittime. Le due attiviste Patrizia Montalenti e Veronica Coppola fondatrici del centro anti violenza Ankyra di Milano hanno sottolineato come la violenza sia un fenomeno trasversale in cui si consuma una abuso violento di uno o entrambi i compagni in una relazione intima, fisica, psicologica, sessuale, economica.
Ma violenza è anche lo stalking, per non parlare della violenza assistita sui bambini che innesca una maggiore possibilità di ripetere il modello appreso, sia di vittima che di carnefice. La violenza domestica consiste nel mantenere il controllo della vittima che a volte può essere anche un uomo, condizionato dallo stereotipo della virilità nel nascondere la sua condizione di sottomissione.
Stefania Mezzina infatti ha illustrato casi eclatanti di cronaca come quello di Erba o di Sara Scazzi, sottolineando come il carnefice non ha sesso, nella certezza però che le donne sono più sottoposte a violenza. Violenza che dilaga, come sottolinea la giornalista che ha seguito per anni la cronaca giudiziaria per il Resto del Carlino.
L’avvocato Cristina Perozzi ha illustrato il fenomeno da un altro punto di vista.
La sofferenza psichica che deriva dalla violenza soprattutto di carattere domestico, ha fatto registrare il 54% di denunce a carico di uomini di cui il 64% italiani. Cresce il numero di donne coinvolte con figli e così il fenomeno della violenza assistita, non solo fisica, ma anche psicologica, sessuale ecc. 12 figlie uccise dal padre nel 2017 salite a 13 nel 2018, in un’evidente crisi della famiglia, che fa segnalare anche un aumento delle donne anziane uccise.
Se a nord c’è la maggiore percentuale di femminicidi, spesso radicati in zone più periferiche, nelle province, questo fa pensare che l’elemento che induce al femminicidio è l’isolamento. Un altro dato inquietante: Italiani tra i migliori in Europa, tra i tassi maggiori di femminicidio quelli in Germania. In Italia i reati contro le donne sono perpetuati spesso dal partner italiano, con arma da fuoco, detenuta legalmente, e in seconda battuta con arma da taglio.
La colluttazione fisica c’è sempre prima, è una costante. La priorità diventa la tutela della donna quando viene emanato il codice rosa. Si tratta di una legge contenitore difficile da applicare, ma per cui c’è obbligo entro tre giorni di sentire la vittima. Il problema del codice rosa è che nei piccoli centri si può applicare, nei grandi centri no: ma soprattutto che la donna vittima non ha interesse a essere sentita ma a essere protetta.
Ma le priorità del Governo sembrano essere altre, dal terrorismo alla corruzione, ma della violenza in genere non si è detto nulla, i fondi sono bloccati e nei CEV si lavora con il volontariato: assurdo, oggi che la famiglia e la coppia uccidono più della mafia. Si tratta infatti di un fenomeno trasversale che coinvolge tutti i ceti sociali: sembrano le famiglie più benestanti quelle che nascondono più scheletri nell’armadio.
Mario Strappini, primario geriatria San Benedetto ha poi parlato della violenza sugli anziani, per lo più consumate nelle case di riposo che a volte si trasformano in veri lager, e ha poi tratteggiato la possibilità invece per l’anziano di avere un’aspettativa di vita felice in un contesto di assistenzialismo.
Roberto Rotili, redattore del Corriere Adriatico, ha spiegato infine ai ragazzi delle scuole accorsi numerosi all’iniziativa, la deontologia che lega il giornalista al rispetto di alcuni principi fondanti come la tutela della vittima, racchiusi nelle Carte tra cui prima fra tutte è quella di Trieste, imperniata sulla tutela dei minori.
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