VIDEO – Casao Meravagliao, alcune prodezze dell’indimenticabile centravanti bianconero
Vi è una costante tra i tifosi di tutte le squadre calcistiche di questo pianeta: le interminabili diatribe per determinare qual è il giocatore più forte ad aver vestito la casacca della propria squadra del cuore.
Raramente è possibile risolvere una questione così complessa. Questo perché sono diverse le generazioni che si ammassano sugli spalti con le sciarpe al collo e perché ognuna di esse ha storie incredibili da rievocare; gesta sportive da conservare nella propria mente per sempre o da narrare nel più classico dei Bar Sport tra amici. I tifosi bianconeri, invece, sono forse tra le pochissime tifoserie che possono vantare di non avere questo problema o di averlo in misura assolutamente marginale: se sono stati tantissimi i giocatori indimenticabili che hanno vestito la maglia bianconera, uno su tutti ha animato e fatto parlare di sé intere generazioni di sportivi delle cento torri.
Questo giocatore, dalla folta chioma riccia, è il paulistano Walter Júnior Casagrande.
Cresciuto calcisticamente e umanamente in quella favola che fu il Corinthians “democratico” di Socrates, all’epoca dei colonnelli e dei caudilli sudamericani, venne ad Ascoli dopo una disastrosa e sfortunata stagione tra le fila dei dragões del Porto. In quella stagione la squadra portoghese si spinse sino alla finale di Coppa dei Campioni al Praterstadion di Vienna. Lì l’algerino Rabah Madjer collaudò quello che prese giornalisticamente il nome di “Tacco di Allah”, contribuendo alla vittoria del Porto in quella storica finale. Casagrande non lasciò mai il segno e quella finale la vide solo da spettatore. Chiuse l’esperienza in Portogallo, approdando ad Ascoli nell’estate dell’87, non prima di essersi fratturato la tibia durante la semifinale contro il Brondby.
Costantino Rozzi, sempre oculato ed attento nelle sue spese, lo portò nel Piceno per un miliardo di lire. In tre anni scese in campo 98 volte, portando a referto 38 gol, una storia d’altri tempi che si concluse in una maniera che nell’odierno calcio dei procuratori miliardari, degli sponsor e della monetizzazione totale dello sport, sarebbe a dir poco impensabile: l’Ascoli retrocesse in B con un turno d’anticipo nell’anno che consacrò allo scudetto Tricolore, per la seconda volta, il Napoli di Maradona. Costantino Rozzi fu subito chiaro col talento brasiliano: l’Ascoli non poteva permettersi il suo ingaggio in Serie B. Casagrande, affezionato al vulcanico Presidente e alla piazza ascolana, accettò una decurtazione e promise che se ne sarebbe andato solo quando l’Ascoli fosse tornata in serie A, promozione che avvenne di nuovo un anno dopo.
Dell’esperienza in bianconero i tifosi ricorderanno sempre, tra i tanti, quel magnifico gol contro la Fiorentina, sfidando tutte le leggi della fisica: dalla linea di fondo campo, ad un paio di metri dal primo palo, controllo di destro e girata al volo con lo stesso piede sul secondo legno. Il tutto eseguito spalle alla porta, come se non fosse già impossibile provarci guardando in faccia il portiere.
Dopo 3 magnifici anni ad Ascoli, per circa 5 miliardi di Lire, Casagrande volò a Torino per lasciare il segno tra i granata e andare incontro al proprio destino in quella drammatica e stregata finale di Coppa Uefa contro gli olandesi dell’Ajax.
Inutile parlare qui di quelli che Casagrande stesso definì, nella propria autobiografia, i suoi “demoni: il vortice dell’alcool, la droga, gli eccessi, due malori (di cui uno lo scorso anno) e un incidente stradale sotto tranquillanti. “Casao” ne è uscito sempre e sabato contro il Livorno sarà con tutti i tifosi al Del Duca di Ascoli, richiamando alla memoria i ricordi dei più grandi; facendo sognare i più piccoli… come se quella tra Ascoli Piceno e Walter Júnior sia una storia destinata a non finire mai.
Io c’ero, praticamente meraviglioso….Casao meravigliao