Robot chirurgici, Falco e Curzi: «Perché il personale non è stato formato?»
SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Robot chirurgici negli ospedali Piceni, Rosaria Falco e Marco Curzi interrogano la Regione Marche: «Perchè il personale non è stato formato?»
«Il 3 settembre – scrivono i consiglieri del gruppo misto – la vicepresidente Casini annunciava trionfante l’imminente arrivo nei due nosocomi del Piceno di due robot chirurgici di ultima generazione, illustrandone gli indubbi benefici sia per il medico-chirurgo che per il paziente, che non sarà costretto, come avviene ora, a recarsi fuori dalla provincia per determinati interventi. Ottimo, ma dalla lettura dell’articolo sorgono due ordini di interrogativi.
In primo luogo è indicato il modello dei robot il cui acquisto, si dice “è in via di definizione”: non ne è indicato il costo, ma il prezzo di listino di tali macchinari di quarta generazione nel 2018 ammontava a poco meno di 2 milioni di dollari ciascuno. Non è indicata la procedura con cui si sono reperiti sul mercato tali gioielli, che deve evidentemente essere pubblica: quando sarebbe stato pubblicato il bando relativo? Oltretutto dalle informazioni che siamo riusciti a reperire, il funzionamento di tali macchinari ha un costo elevatissimo in materiali di consumo, tanto che non solo il loro acquisto, ma anche il loro uso, risulta troppo costoso per ospedali con risorse economiche limitate: siamo sicuri che non saranno soldi pubblici spesi per propaganda e poi, come spesso è accaduto, buttati in un magazzino per impossibilità di usarli a dovere?
In secondo luogo, se esisteva l’intenzione di acquisire tali tecnologie innovative, per quale motivo e secondo quale logica il personale non è stato preventivamente ed appositamente formato, in modo da essere in grado sin da subito di utilizzare al meglio ed a pieno regime tali preziose nuove risorse robotiche, tanto più in quanto davvero molto costose? Anche considerando la vetustà delle apparecchiature diagnostiche e della strumentistica ordinaria, oltre che la carenza cronica di figure professionali sanitarie.
Ci risulta infatti che tra Ascoli e San Benedetto esistano alcuni macchinari costosi e all’avanguardia, che vengono utilizzati in percentuale minima rispetto alle loro capacità e possibilità, in quanto non disponiamo di personale qualificato per garantirne il pieno utilizzo: uno spreco immane di risorse.
Ci chiediamo se questo sia il modo più saggio di agire e di programmare il futuro, se questo impiego dei soldi pubblici così poco efficiente possa considerarsi l’optimum per la nostra sanità.
Ben vengano (ed era anche ora) le tecnologie innovative che aprono nuove frontiere della medicina, della diagnostica e della chirurgia per il nostro territorio ed il nostro ospedale dunque (sempre con l’utilizzo delle procedure prescritte per gli acquisti delle p.a.), ma l’impressione è che molto spesso si metta il carro davanti ai buoi sull’onda di entusiasmi propagandistici che vendono favolose eccellenze, spendendo cifre considerevoli in soldi pubblici per attrezzature che non si sa come utilizzare, mentre la logica vorrebbe un preventivo piano che garantisca che i costi di acquisto e di utilizzo possano essere ammortizzati, dotando contemporaneamente il nosocomio in cui sono inseriti di professionalità elevate. Occorre prima provvedere ad investire nella fondamentale e preventiva preparazione del personale utilizzatore, investendo in ciò che più è carente e prezioso, il capitale umano e la professionalità degli operatori sanitari.
Attendiamo delucidazioni dai soggetti competenti, che ci rassicurino sul fatto che questa operazione faccia parte di un progetto ben preciso di riqualificazione e non costituisca una mossa estemporanea, con elevati oneri economici a breve e a lungo termine che esigono una copertura programmata, per attrarre la benevolenza degli elettori».
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