SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Dopo quattro lunghi mesi di chiusura riaprono teatri, insieme a cinema e discoteche. Il lockdown ha messo a dura prova artisti e strutture dei teatri più importanti della città, costringendoli spesso a reinventarsi sul web, per non restare lontano dal pubblico senza alcun tipo di contatto. Come si delinea la ripartenza per l’arte scenica? Eugenio Olivieri, direttore artistico dell’Accademia di Teatro di San Benedetto, tira le somme di un periodo nero, da cui però si può ripartire con slancio.
Come è stato stare lontano dal pubblico e dai colleghi e sospendere una stagione che oltretutto stava andando bene?
La reazione è stata quella a un colpo duro, come per tutti. Forse per me più grande perché mi ero già proiettato nel futuro: avevo già detto che questa situazione avrebbe un po’ tagliato le gambe agli artisti, considerato che le persone nel nostro ambiente lavorano vicine. È stato scioccante sospendere la scuola, i corsi, la stagione. Come stare davanti a un foglio bianco: una sorpresa, un fatto che non ti aspetti e di portata globale. Un colpo grosso, per l’Accademia e cinquanta allievi bloccati. Per il futuro non so che succederà, non si può prevedere.
Avete messo in piedi qualcosa sul web?
Io ho preferito non fare nulla online. Semplicemente ho fatto un video in cui recitavo una poesia dedicata ai ragazzi e ai colleghi. Online no, il teatro è sudore che va addosso al pubblico. Anche perché questo panico mi ha messo di fronte alle cose da fare. Tra maggio e giugno avremmo avuto cinque spettacoli da fare che sono saltati tutti. Dovevo capire cosa fare, parlando con tutti in accademia, dove abbiamo un gran rispetto di tutti e un rapporto stretto. E quindi la priorità è stata capire cosa fare. Piuttosto che fare qualcosa sul web.
Riprende la stagione, idee e progetti per il futuro?Ciò che era stato iniziato, come Energie Vive, avrà un seguito?
Riprendere la stagione è importante. Infatti è stato un dispiacere, dato come era iniziato come stava andando Energie Vive. La stagione riprenderà: è solo questione di tempo, ogni mese però cambia qualcosa. E lavorare su dei progetti e poi magari a dicembre cambia tutto, sembra una perdita di tempo. Stiamo lavorando con gli spettacoli sospesi in cui c’erano meno attori e dove si possono mettere in scena regie tecniche che permettono di rispettare meglio le norme del covid. Noi abbiamo Maratona di New York e Tre giorni di pioggia in cui gli attori rispettano le distanze, basta rivederli un po’. Tralasciare qualcosa per altro e poi riprenderlo tra un anno è inutile. Meglio continuare su quello che stiamo facendo. E farlo bene.
Come si aspetta che sarà la reazione della gente?
La reazione della gente? In un paese come il nostro dove il teatro conta pochi appassionati, come qui in provincia, sarà una reazione lenta, molto cauta, perché già lo era prima. Infatti in provincia il teatro è un qualcosa di nicchia. La reazione sarà negativa, ci metteremo del tempo a rivedere grandi numeri a teatro. Non è un problema del pubblico. Siamo noi artisti che facciamo reagire il pubblico, dobbiamo adesso dare il meglio per far reagire le persone, farle ricredere e tornare a teatro.
L’esperienza traumatica del Civid cosa ci lascia?
Questa esperienza è partita con tanti punti interrogativi ma ci lascia una certezza: ho ricominciato a sentire i ragazzi online, parlando di progetti vari, nessuno di noi non ha mai smesso di pensare al teatro. L’artista cresce con la persona e in un’esperienza del genere, unica come quella che abbiamo vissuto, la persona cresce improvvisamente messa di fronte a qualcosa di enorme. Tutti siamo diventati più umili.
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