Ojetti (Medici Cattolici): “Il Mazzoni deve essere punto di riferimento per altro, non per gli aborti”
Pubblichiamo una lettera del presidente dei Medici Cattolici di Ascoli Stefano Ojetti.
Strano che il Mazzoni venga elogiato “come punto di riferimento” nel centro Italia per l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG), quasi che tale servizio qualificasse il nostro nosocomio tra gli Istituti Ospedalieri di Eccellenza.
Ritengo a tale proposito che oggi il nostro Paese più che di aborti, al contrario, abbia bisogno di bambini nati, rappresentando la denatalità, che ci vede ultimi tra i Paesi europei, una problematica che in un futuro ormai prossimo non permetterà più nemmeno il pagamento delle pensioni necessarie per la sopravvivenza dei nostri anziani.
Risulta quanto meno singolare, infatti, come in un momento dove la pandemia da Covid non è ancora stata sconfitta, dove esiste una seria preoccupazione di un conflitto mondiale e dove la povertà è in continuo aumento colpendo le categorie più fragili, l’IVG sia classificata tra le priorità del nostro Paese.
L’inverno demografico è un problema che interessa l’Italia da anni e, con la pandemia, le cose sono peggiorate. Il tasso di fecondità, infatti, è ben sotto la soglia che garantirebbe il ricambio generazionale (circa 2,1 figli).
L’Istat infatti rileva un record di denatalità nel 2021 con 399.400 bambini nati nel corso dell’anno (-1.3% sul 2020), confermando un trend drammaticamente negativo, che vede un Paese in cui nascono sempre meno bambini e aumenta parallelamente la popolazione degli anziani. In Italia infatti, l’infanzia è a rischio di estinzione. In 15 anni la popolazione di bambine, bambini e adolescenti è diminuita di circa 600 mila minori e oggi meno di un cittadino su 6 non ha compiuto 18 anni.
Questa situazione determina un forte impatto sulla sostenibilità dello Stato sociale. Una popolazione sempre più anziana, infatti, fa lievitare i costi del sistema previdenziale e del Sistema Sanitario Nazionale. Se però la popolazione attiva diminuisce e il numero di contribuenti cala, la fiscalità generale si addossa un peso che non può sopportare.
Nell’affrontare la problematica dell’IVG, non si può non tener conto del progresso tecnologico in ambito scientifico che, rispetto all’epoca della legiferazione della 194/78 nel nostro Paese, ha aperto orizzonti nuovi riguardo all’embrione, relativamente a quello che allora veniva definito “grumo di sangue’”. Oggi infatti rispetto ad allora, ad esempio attraverso l’ecografia, siamo in grado di ascoltare addirittura il battito cardiaco fetale intorno alla sesta settimana di vita.
Il tema del diritto è molto complesso e delicato perché se è vero che all’applicazione della L. 194 esisteva soltanto un soggetto di diritto che era rappresentato dalla donna la quale, in base al principio di autodeterminazione “il corpo è mio e lo gestisco io” paragonandolo quasi ad una sorta di contenitore di esclusiva proprietà, era la sola a decidere, oggi è scientificamente dimostrato che con l’aborto si interrompe una vita.
Ecco che allora nell’epoca attuale si presenta un altro soggetto di diritto, l’Embrione, che ancor più diviene soggetto di diritto nel momento in cui si trova nella condizione di essere privato della vita e non potersi difendere. Risulta del tutto evidente infatti che, allo stato attuale, la L. 194 così come concepita allora, oggi risulta obsoleta e quindi migliorabile, negando un diritto anche al padre che, attualmente, nulla può giuridicamente rivendicare riguardo la vita del proprio figlio”.
Ogni anno nel mondo si praticano circa 44 milioni di aborti indotti e nel nostro Paese, a più di quaranta anni dall’entrata in vigore della legge 194, ne sono stati eseguiti ufficialmente più di sei milioni. Più specificatamente, nel corso del 2020 sono state registrate 66.413 IVG che se raffrontate alle 234.59 del 1982 “rappresenterebbero” un trend in discesa. Purtroppo non è così perché a questo dato devono poi essere aggiunte le IVG “nascoste”, sostenute dall’assunzione delle “così dette” pillole del giorno o dei 5 giorni dopo.
La potenzialità abortiva relativa all’assunzione di questi farmaci riguarda infatti l’eventualità che in circa il 15% dei casi, come sostenuto da numerosi lavori scientifici, possono non avere azione di contraccezione e quindi interrompere un eventuale gravidanza in atto modificando la struttura dell’endometrio; da qui la logica spiegazione della diminuzione del numero di aborti registrati rilevati.
La conferma di tale evenienza è suffragata infatti dall’ascesa inarrestabile della vendita dei contraccettivi d’emergenza, che registra un picco importante nel 2015, quando l’AIFA stabilisce che le donne maggiorenni possono acquistare la pillola del giorno dopo senza ricetta, passando così dalle 15.200 confezioni vendute, alle 573100 del 2018, dato che prevedibilmente continuerà a crescere con la liberalizzazione, recentemente autorizzata, della vendita anche alle minorenni.
Oggi però la priorità non è quella di avere nuove pillole o strumenti per facilitare sempre più aborti quanto, al contrario, di politiche che incentivino la formazione di famiglie con mamma, papà e nuovi nati. Ecco perché è necessario educare, soprattutto le nuove generazioni, ad assaporare il gusto alla vita che comporta il rispetto di sé, del proprio corpo, della procreazione responsabile, che non può e non deve intendere l’aborto come metodo anticoncezionale,
Il Santo Padre è stato molto chiaro a riguardo: “Il problema della morte non è un problema religioso, stai attento: è un problema umano, pre-religioso, è un problema di etica umana. Poi le religioni lo seguono, ma è un problema che anche un ateo deve risolvere in coscienza sua. Io faccio due domande a una persona che mi fa pensare a questo problema. Io ho il diritto di fare questo? La risposta scientifica: la terza settimana, quasi la quarta, ci sono tutti gli organi del nuovo essere umano nel grembo della mamma, è una vita umana. Io faccio questa domanda: è giusto cancellare una vita umana per risolvere un problema, qualsiasi problema? No, non è giusto”.
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