Mons. Palmieri si è insediato ufficialmente nella diocesi di San Benedetto

È stata una domenica di festa per tutta la comunità cattolica di San Benedetto e non solo quella del 30 giugno. L’arcivescovo Gianpiero Palmieri, già capo della diocesi di Ascoli Piceno, ha infatti tenuto la sua prima messa ufficiale nella veste di guida della diocesi di San Benedetto del Tronto, Ripatransone e Montalto delle Marche, ma non prima di aver incontrato la comunità.

L’Arcivescovo ha infatti fatto visita alla comunità di Monteprandone, prima di recarsi al Centro “Biancazzurro”, per incontrarne gli ospiti, e al porto cittadino, dove si è tenuto l’incontro con le autorità civili e militari del territorio.
Il sindaco Antonio Spazzafumo ha accolto personalmente il nuovo vescovo, insieme al sottosegretario del Ministero dell’Economia e delle Finanze, on. Lucia Albano, al comandante della locale Capitaneria di Porto, C.F. Alessandra Di Maglio, e a Pietro Ricci, in veste di rappresentante della marineria sambenedettese.

Di seguito il testo dell’intervento del Sindaco

Porgo il mio saluto alle Autorità civili, militari e religiose, ai Sindaci, a tutti voi che siete accorsi per questo evento unico ed importante. Ma soprattutto: benvenuto a San Benedetto del Tronto, eccellenza!

Le porgo il saluto della città intera nella consapevolezza che, al di là di ogni differenza di ruolo e di opinione, la voce del Vescovo è sempre stata per noi sambenedettesi un contributo essenziale per comprendere il senso del cammino della comunità.

Poter accogliere il nuovo Vescovo, la nostra guida spirituale, è un privilegio per me e credo anche per tutti voi che siete presenti oggi così numerosi.

La scelta compiuta da Papa Francesco, che rappresenta una novità assoluta per questa comunità che, mi si consenta, era abituata ad avere un vescovo tutto suo, va invece interpretata come un dono inatteso ma bellissimo, capace di offrire a tutti noi uno stimolo per lavorare ad un cambiamento interiore, sia personale sia della nostra collettività, nella consapevolezza di dover far fronte alle molte sfide che il futuro ci riserverà.

San Benedetto, eccellenza, è una città laboriosa, che ha costruito il suo benessere con l’intelligenza, la fatica e il sudore della fronte. Ha saputo reagire agli eventi tragici della storia e alle distruzioni delle guerre.

Caratteristica del sambenedettese è la determinazione, oserei dire la testardaggine, che ha portato tante persone nate e cresciute in questa città a rimboccarsi le maniche e rendere prospera la nostra comunità. Mi viene da ricordare l’esempio degli armatori che, negli anni ‘60, si resero conto che i confini del Mediterraneo andavano loro stretti e non esitarono ad organizzarsi, con cospicui investimenti, per superare le colonne d’Ercole e gettarsi nell’avventura oceanica che poi portò tanta fortuna e benessere a centinaia di famiglie e alla città tutta.

Tuttavia la città cambia e cambia insieme a un mondo sempre più interconnesso e interdipendente. Si moltiplicano gli scambi e le persone migrano a milioni: l’altro, il diverso, è già qui insieme a noi e mette alla prova, una prova difficile, la nostra solidarietà e i principi della nostra civiltà.

Ha detto qualche anno fa papa Francesco: “Abbiamo paura delle diversità perché andare all’incontro di una persona che ha una diversità grande è una sfida, e ogni sfida ci dà paura. E’ più comodo non muoverci, è più comodo ignorare le diversità, dire che tutti siamo uguali e se qualcuno è diverso lasciarlo da parte e non andare all’incontro”.

Il tempo che stiamo vivendo, poi, non aiuta certo a nutrire fiducia. Il tessuto morale e civile della comunità umana appare a serio rischio di tenuta, le crisi internazionali, le difficoltà economiche non offrono le condizioni migliori per coltivare il senso di appartenenza alla comunità.

Eppure non bisogna arrendersi, e noi amministratori della cosa pubblica abbiamo per primi l’obbligo di operare per promuovere un rinnovato senso civico che agevoli la convivenza civile e permetta a tutti di sentirsi parte della famiglia umana.

A tale proposito, mi sembra importante sottolineare l’esigenza di una “alleanza etica” tra istituzioni civili e religiose, in grado di fronteggiare questa emergenza individualistica, le crescenti diseguaglianze sociali e la solitudine, che ci attraversano e ci disgregano.

Ci vuole uno scatto morale, capace di trasmettersi a tutta la comunità, e prima di tutto alle nuove generazioni. Io sono certo che dalla collaborazione tra istituzioni civili e comunità ecclesiale può nascere un contributo importante. D’altronde, è accaduto sino ad oggi con buoni risultati: basti pensare al difficile, oscuro ma preziosissimo lavoro che fanno i nostri servizi sociali insieme alla Caritas diocesana.

Io credo che lei eccellenza, concorderà sul fatto che istituzioni civili, ad iniziare dal Comune, e la Chiesa locale, ciascuno per propria parte, abbiano il dovere di offrire alla nostra comunità ideali ed obiettivi concreti e realizzabili per costruire una società in cui si affermino i valori più positivi della natura umana, quelli con cui rendere più coesa la nostra popolazione e fare in modo che si possa guardare tutti insieme al futuro con speranza.

So, perché ha già avuto modo di dimostrarlo, che Lei, eccellenza, si è speso tantissimo e continua a farlo per offrire occasioni di speranza, soprattutto ai meno fortunati, a chi teme il futuro, a chi ha imparato a diffidare dalla vita. In questa occasione desidero ribadirle tutto il mio impegno personale, e quello dell’Amministrazione che rappresento, per affiancarla in questo difficile compito e continuare così a camminare insieme verso un futuro migliore per noi, per i nostri figli, per il mondo.

Grazie vescovo Gianpiero, e grazie a tutti voi per avermi ascoltato

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