SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Come se la sono cavata docenti e studenti con la didattica a distanza? L’approccio tecnologico desueto ha rappresentato un ostacolo? Lo chiediamo a Flavia Mandrelli, professoressa oltre che consigliera comunale di opposizione. “Io uso il Pc dagli anni ‘80. Poi c’è da dire che noi come scuola ISC sud siamo un passo avanti. Il nostro dirigente l’ingegnere Evangelisti, ha subito preso in mano la situazione digitale. Così che eravamo già sulle piattaforma Gsweet, grande piattaforma potente, ed eravamo preparati. Il dirigente aveva tenuto lui stesso corsi facoltativi, molto efficaci e tutti eravamo preparati ad usare lo strumento. Ma la didattica è un altra cosa”.
E i ragazzi? Le difficoltà maggiori le hanno avute i ragazzi. Ma noi ci siamo preoccupati di fornire un Pc e dei giga di navigazione a tutti. Così cento ragazzi in poco tempo hanno avuto gli strumenti per partecipare e non abbiamo perso nessuno. Abbiamo cercato di stare in contatto con tutti. Anche se poi la vera difficoltà è un’altra: niente può sostituire la presenza, l’empatia con ragazzi, gli sguardi, la postura, le domande… E nella modalità online questo è molto difficile”.
Continua la professoressa, “il Problem solving, usato prevalentemente, ma non solo, nella materie umanistiche rende difficile farlo in modalità online” .
Invece il rapporto con gli studenti? “Ho ricevuto e mandato mail in tutte le ore per cercare di umanizzare la necessità di far sentire agli studenti che ci siamo. L’efficacia di questo tipo didattica non è la stessa”
E ci sono aspetti positivi, nonostante le difficoltà? “Cose positive che abbiamo imparato ce ne sono. Soprattutto nella materie scientifiche, mi riferisco ai programmi per sviluppare il pensiero scientifico, per la sperimentazione. Hanno dato risultati ottimi. Arricchiscono la qualità dell’insegnamento ma non possono sostituire la presenza che è l’essenza della scuola”. Per non parlare della socializzazione tra i ragazzi, uno degli obiettivi educativi più importanti.
Qualche esempio di didattica a distanza che funziona? “Ho assegnato dei compiti. Ho detto loro ‘Cominciate a scrivere riflessioni sulla quarantena, a scattare foto, a fare disegni, su temi vari. Tra cui quello dei vuoti e pieni, una delle riflessioni più suggestive che abbiamo avuto. Ho chiesto poi di trasferire le ansie: tutti si sono rivisti nei versi ungarettiani “si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”. Ma ora stiamo assistendo al materializzarsi di una idea molto attesa e molto forte. La riapertura ha spinto tutti a fare di più, nella ricerca del contatto fisico. Vedo questi adolescenti che la prendono quasi come una sfida. Sembra una reazione post traumatica”.
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