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Integrazione obiettivo possibile: nuove crepe dello scenario politico 2020
Tra vecchi conflitti, nuovo razzismo e il ritorno della primavera araba, quale integrazione è possibile?
In Iraq un’esplosione ha causato il ferimento di cinque militari italiani, impegnati in una missione di pace. Sul cielo di Israele piovono razzi e si riaccende più viva che mai la questione palestinese. In Europa islamofobia, antisemitismo e razzismo si confondono con i sovranismi degli Stati. Come cercare la via dell’integrazione? Foad Aodi, leader della comunità araba in Italia ci descrive uno scenario preoccupante.
Come si spiega il ritorno della violenza in Iraq?
La situazione internazionale è caratterizzata dal gap creato dalla primavera araba: noi abbiamo lanciato il nostro appello affinché non venissero abbandonati i giovani che chiedono democrazia e libertà, dando così spazio agli estremisti per cavalcare le opposizioni. Abbiamo visto l’Isis strumentalizzare le religioni, ma con nessun seguito. Tutti i paesi come l’Iraq che hanno cambiato governo, sono paesi arabi dove la gente è talmente delusa e sofferente che sta rinascendo una vera primavera araba scevra da strumentalizzazioni, con i giovani scesi in piazza e affiancati dalla società civile contro la disoccupazione, la corruzione, la mancanza di democrazia e di coinvolgimento popolare. In Iraq come in Libano, Algeria, Libia, l’opposizione è forte, al contrario dei primi anni della primavera araba oggi l’opposizione chiede di combattere disoccupazione e corruzione e indire elezioni democratiche: in Iraq e Libano questo contrasto è molto importante, tanto che si è dimesso il capo del governo libanese dopo che milioni di persone sono scese in piazza. Un nuovo inizio per la vera primavera araba che a differenza della prima ha una forte identità politica.
L’Italia può considerarsi bersaglio del terrorismo, oggi più di ieri?
L’Italia è un paese molto civile, democratico e amato da mediorientali e africani, con il prezioso lavoro di pace dei militari nelle zone di conflitto, come ai tempi del Libano di Pertini: oggi il mondo arabo tutto esprime solidarietà ai cinque militari feriti. E questo perché l’impegno in solidarietà e cooperazione internazionale sono veri e autentici. Per ciò ritengo che non dovrebbe avere problemi con il terrorismo, ma non bisogna mai abbassare la guardia e rafforzare la politica per l’integrazione e la sicurezza. Con l’aumento dell’islamofobia e dell’antisemitismo, degli slogan politici discriminatori, all’estero potrebbe venire a qualche lupo solitario l’idea di attaccare dei soldati italiani o gli interessi italiani. I primi difensori dell’Italia dal terrore siamo noi arabi, ma siamo molto delusi: sembra di assistere a una partita di ping pong tra le forze politiche, prima giallo verdi poi giallo rosse, ma non cambia la sostanza, ovvero ciò che fanno per la società civile. Se dovessi fare un bilancio degli ultimi tre anni direi che non è stato fatto nulla per l’integrazione, per la sanità: nessuno ci risponde, nemmeno su temi importanti come la circoncisione. Prevale l’interesse politico interno, nemmeno il Bel paese ha una politica estera forte, l’UE non parla all’unisono. Così pure gli arabi sono divisi; l’immigrazione non porta voti, molti hanno paura di parlarne, anche il Pd. Non combattiamo gli slogan che mettono prima gli italiani, e mettiamo prima gli esseri umani: chi paga le tasse ha il diritto di vedere i suoi diritti rispettati. In generale più facciamo per l’integrazione e più ascoltiamo i giovani, meno i lupi solitari e i terroristi saranno portati a colpire gli interessi italiani.
In Israele torna la violenza, i due fenomeni – primavera araba di ritorno in Iraq e questione palestinese – sono collegati. Ma all’Italia importa ancora della questione palestinese?
L’italia non ha più il ruolo decisivo che aveva prima con Andreotti e Craxi, e questo ci rammarica. L’unica soluzione a favore della pace è quella diplomatica di due stati per due popoli, l’unica per fermare i morti, la sofferenza di una prigione a cielo aperto, la paralisi degli ospedali. Palestinesi e israeliani vogliono vivere in pace, per fermare la violenza occorre arrivare alla pace, come ha detto Papa Francesco. Facciamo un appello alla democrazia europea e all’Italia affinché riprendano il processo di pace. E ai palestinesi di unirsi e archiviare le divisioni, per presentarsi come interlocutore unico di fronte a Israele, con l’Onu a mediare e gli USA super partes. La pace è l’unico modo per alleviare la sofferenza di bambini, donne e anziani. La società civile vuole la pace, la politica la deve ascoltare, non fare campagna elettorale sui civili.
Come incide questo clima di guerriglia permanente a causa dei conflitti dimenticati sull’integrazione in Italia, sulla percezione che ne hanno gli italiani?
Incide negativamente su tutti soprattutto sui mussulmani, che sono le prime vittime dell’Isis e i primi a combatterlo. La politica di Israele incide sulla percezione che gli italiani hanno degli ebrei: essere ebreo non può essere confuso con la politica di Israele. Noi abbiamo condannato ogni azione di antisemitismo, islamofobia e razzismo, che si deve osteggiare all’unisono. Contro i mussulmani è aumentato l’odio del 30%, cresce anche l’antisemitismo, così come il sovranismo in Europa. Queste sono condizioni che alimentano il razzismo e ostacolano l’integrazione.
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