Il 18 febbraio 1966 affondò il motopeschereccio “Pinguino”
Sei anni fa per i cinquant’anni dall’affondamento del motopeschereccio Pinguino , Nadia Mazzarella, Matteo Troli e Lorenzo Olivieri hanno girato un documentario, sul mistero che gira intorno all’affondamento, commissionato dall’Associazione pescatori di San Benedetto del Tronto, con interviste a familiari.
La notte tra il 19 e il 20 febbraio 1996 si inabissò il motopeschereccio Pinguino al largo della costa della Mauritania. Nel tragico naufragio persero la vita 13 imbarcati. Nella ricorrenza del 52esimo anno dal grave lutto che colpì la città, rendono omaggio ai morti in mare Nazzareno Torquati e l’Associazione Pescatori Sambenedettesi.
La ricostruzione dei fatti: il comandante Alberto Mimì Palestini e i suoi 12 uomini salparono dal porto di Formia, nel sud del Lazio, il 19 gennaio del 1966.
Un mese esatto dalla sua partenza dal Mediterraneo, il motopesca Pinguino trovò la sua tragica sorte nella notte tra sabato 19 e domenica 20 febbraio 1966, nelle secche di Capo Bianco, estremo sud della Mauritania. Il punto esatto fu tracciato sulle carte nautiche a 20 gradi e quaranta minuti di latitudine nord e 17 gradi e sette minuti di longitudine ovest, sei miglia al largo della costa della Mauritania.
Quella notte il motopeschereccio scomparve improvvisamente, sparì dai radar e la radio di bordo restò disattivata. L’allarme fu lanciato solo la mattina successiva dall’equipaggio del postale navale della Mauritania, un traghetto che collegava le coste africane alle Canarie. Alle 5 e 30 fu avvistata la prua che sporgeva completamente dalla superficie del mare.
Il comandante Alberto Palestini non ce la fece a lanciare il segnale di richiesta di soccorso Sos. È immaginabile che tutti i marinai furono colti di sorpresa, molti di loro nel sonno. L’ultimo contatto radio risaliva alle 22 di sabato 19 febbraio fra il comandante del Pinguino e il comandante dell’Erminio Borio, Filippo Palestini. La prima imbarcazione ad accorrere sul luogo del naufragio e ad assistere ad una scena inquietante è proprio il Rodi, un altro peschereccio che solo quattro anni dopo, il 23 dicembre del 1970, fu il teatro di un’altra tragedia della marineria sambenedettese.
Ecco la testimonianza del suo capitano di allora, Giacomo Capriotti: «Appresi del naufragio dalla radio di bordo, la notizia era stata diffusa da Leandro Re comandante del “Kodiak”. In quei giorni c’erano sempre delle burrasche, tirava un vento fortissimo e c’era molto mare, onde altissime che mi impedivano di vedere addirittura le altre barche che erano vicine alla mia. Quando vidi la prua il “Pinguino” era ormai affondato, presi subito le coordinate della localizzazione dello scafo e le segnalai via radio. Il comandante Palestini era un marinaio molto esperto e non amava il rischio, una persona eccezionale che riscuoteva molta fiducia e rispetto, lui non avrebbe mai messo in pericolo la vita dei suoi uomini».
Oltre al Rodi, c’erano anche “Erminio Borio”, “Luna, Mistral”, “Maria Matilde”, “Amoruso I” e “Andrea e Luca Speat”. Giunti sul luogo del naufragio, le forti correnti ostacolarono le operazioni delle scialuppe calate in acqua, perché nel frattempo venne trovato anche un sommozzatore che fu portato sul luogo. L’esito delle ricerche non fu buono. Solo quattro corpi vennero recuperati: Tommaso Bruni, Vittorio Scartozzi e il comandante Alberto Palestini, un quarto uomo non fu mai identificato.
L’equipaggio. Nati a San Benedetto del Tronto: ALBERTO PALESTINI comandante di 50 anni, ELIO VOLTATTORNI primo ufficiale di 56 anni, DOMENICO ROMANI direttore di macchina di 51, ANTONIO POMPEI motorista di 45 anni, RUGGERO SPINA nostromo di 28 anni, VITTORIO FIDANZA marinaio di 25 anni, DINO BRUNI marinaio di 26 anni, TOMMASO BRUNI marinaio di 24 anni. Nati a Lampedusa: FELICE TARANTO marinaio di 29 anni, AGOSTINO GRECO marinaio di 29 anni, GIUSEPPE GRECO marinaio di 56 anni. VITTORIO SCARTOZZI cuoco di 47 anni nato a Grottammare e GIUSEPPE MONTI marinaio di 31 anni nato a Lacco Ameno.
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