I Disoccupati piceni: “Siamo al bivio, baratro economico-sociale oppure rinascita”
ASCOLI I Disoccupati piceni evidenziano che “Dopo circa 3 mesi di “lockdown”, sono numerose le lamentele che provengono da più parte, cantanti, calciatori, albergatori, persino le imprese che già hanno ricevuto decine di miliardi, tutti chiedono a grande voce risorse a fondo perduto, ma chi pagherà alla fine il conto? Sicuramente in questo momento difficile, occorrono sussidi immediati e posti di lavoro dignitosi per il futuro. In attesa di una ripartenza globale, in ogni caso, occorre un piano di sviluppo interno, per creare nuovi posti di lavoro magari legati alla nuova sfida ecologica che ci attende” dicono.
“Nella nostra provincia di crisi, le difficoltà sono iniziate da molti anni, ci sono disoccupati involontari ormai decennali, per non parlare della ricostruzione. Finora, aldilà delle sole chiacchiere, tanti selfie, e promesse fatte dai vari onorevoli eletti a Roma oppure a Bruxelles, nulla di concreto è stato fatto. I nostri rappresentanti eletti, anche se di maggioranza, in tutti questi anni non sono riusciti a creare posti di lavoro a tempo indeterminato per i numerosi disoccupati in particolare per gli over50. Ora siamo ad un bivio, con tutti questi miliardi in arrivo, ci dobbiamo chiedere come fare arrivare le risorse economiche alle famiglie, con i sussidi oppure con la creazione di nuovi posti di lavoro? La scelta della prima strada senza la seconda ci porterà inevitabilmente ad una crisi economica e sociale ancora più profonda. Le risorse dell’Inps non sono infinite, evitiamo la catastrofe del fallimento dell’Inps” aggiungono.
Per una rinascita basata sulla coesione, occorre per primo restituire alcuni diritti al lavoratore e istituire una paga minima oraria e mensile per tutti. Il virus ci ha reso tutti uguali, Stop ai privilegi, pensionistici e retributivi. Basta soldi pubblici, regalati ad imprese che usano i lavoratori come schiavi. Le aziende in difficoltà devono essere riconvertite e cogestite, per evitare con i licenziamenti di perdere le esperienze dei lavoratori, e con la chiusura dei stabilimenti, di avere cattedrali industriali abbandonate, che spesso si trasformano in depositi illegali di rifiuti. Scegliere una strada diversa significa, continuare ad erogare inutilmente risorse pubbliche, e accrescere il numero dei disoccupati e alzare di conseguenza le tasse per pagare i sussidi. Per realizzare queste proposte, occorre una nuova classe politica, seria e preparata, per ora accontentiamoci dei nostri onorevoli scomparsi, insensibili alle nostre richieste, incapaci di proporre soluzioni per creare nuovi posti di lavoro regolare.
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