Gli infermieri: “Non accettiamo che la violenza sia parte del lavoro”
SAN BENEDETTO- A seguito dell’episodio di violenza di qualche giorno fa avvenuto all’ospedale di San Benedetto, dove è scoppiata una rissa tra alcuni pazienti, sedata anche da alcuni infermieri,
La presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche Laura Morganti, in proposito ricorda il decalogo di necessità presentato dalla FNOPI, considerando anche che l’89,5% degli infermieri è stato ed è oggetto di violenze fisiche o verbali:
1. Tolleranza zero verso la violenza nelle strutture sanitarie, con inasprimento delle pene perché chi la compie sappia (quindi massima informazione) di stare perpetrando un reato severamente punibile
2. Regolamentare l’uso dei social nei luoghi di lavoro e rispetto all’attività professionale per evitare commenti, furti di identità e proposte inappropriate (ne sono vittima circa il 12% dei professionisti coinvolti che nel caso degli infermieri sono per il 77% donne)
3. Snellire le attese stressanti in pronto soccorso con meccanismi di smistamento alternativi (es. see&treat) per ridurre la tensione e la reattività dei pazienti
4. Stabilire pene più severe per chi aggredisca verbalmente e fisicamente un professionista sanitario donna sul luogo di lavoro, prevedendo l’aggravante del pericolo che nell’azione possono correre gli assistiti
5. Maggiore formazione del personale nel riconoscere, identificare e controllare i comportamenti ostili e aggressivi prevedendo anche appositi corsi Ecm (come il corso CARE, presentato assieme alla Federazione nazionale degli ordini dei medici e degli odontoiatri)
6. Aumentare l’informazione e la formazione perché siano denunciate da tutti e in modo chiaro le azioni di ricatto e le persecuzioni nell’ambiente di lavoro rispetto alla posizione e ai compiti svolti
7. Predisporre un team addestrato a gestire situazioni critiche e in continuo contatto con le forze dell’ordine soprattutto (ma non solo) nelle ore notturne nelle accettazioni e in emergenza
8. Predisporre un team addestrato a gestire situazioni critiche e in continuo contatto con le forze dell’ordine e sensibilizzare i datori di lavoro a non “lasciar fare”, ma a rifiutare la violenza anche prevedendo sanzioni
9. Stabilire procedure per rendere sicura l’assistenza domiciliare prevedendo anche la presenza di un accompagnatore o la comunicazione a un secondo operatore dei movimenti per una facile localizzazione
10. Evitare per quanto possibile che i professionisti sanitari effettuino interventi domiciliari da soli, ma fare in modo che con loro sia presente almeno un collega o un operatore della sicurezza.
Occorre porre l’attenzione ed evidenziare gli aspetti propri del ruolo infermieristico che non può essere lasciato alla mercé di coloro i quali, con il loro agire, ne umiliano il senso e la funzione.
“Premesso che la violenza sul posto di lavoro è un problema che investe i paesi di tutto il mondo, la reale dimensione del problema non è manifesta, si stima, infatti, che i dati raccolti siano soltanto la punta dell’iceberg. Il rischio di subire aggressioni per infermieri e operatori sanitari è più elevato rispetto ad altri lavoratori che operano in contatto diretto con l’utenza, soprattutto in specifici setting quali quelli psichiatrici, geriatrici, di lungodegenza, di ortopedia-traumatologia, nel nursing di comunità, nei Pronto Soccorso e nei servizi di emergenza-urgenza. A riprova dei numeri che emergono dalle ricerche specifiche sul tema (ancora troppo poche), basta dare un’occhiata agli episodi rilanciati quasi quotidianamente da mass media e social network: notizie di cronaca inerenti gesti, anche gravi, di violenza verso gli operatori sanitari che restituiscono l’istantanea di un fenomeno dalla rilevanza (ancora e sempre più) inquietante. Gli atti di violenza a danno degli operatori sanitari costituiscono degli eventi sentinella che richiedono la messa in atto di opportune iniziative di prevenzione e di protezione” dice Morganti.
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