Domani presentazione del libro “Le ossa dei Caprotti”
Lunedì 9 dicembre sarà presentato il libro Le ossa dei Caprotti dell’autore Giuseppe Caprotti presso la libreria Rinascita, in Piazza Roma 7, alle ore 18:00. L’autore dialogherà con il giornalista Mario Paci.
Con Le ossa dei Caprotti, edito da Feltrinelli, per la prima volta Giuseppe Caprotti, allontanato dall’azienda nel 2004 dopo esservi entrato al suo ritorno dagli Stati Uniti nel 1989, dopo molti anni di silenzio, espone la sua verità.
Protagonisti della prima rivoluzione industriale, i Caprotti passano dall’essere proprietari agricoli a diventare mercanti-imprenditori, con la produzione dei tessuti filati nelle case dei mezzadri e dei braccianti che lavorano sui loro terreni.
Nel 1840 nasce la ditta Bernardo Caprotti di Giuseppe, che dispone di macchinari per la preparazione di filato di cotone. L’espansione è tale che nel 1866 conterà 1500 operai a Carate, Albiate, Giussano, Verano, Paina, Seveso e Cabiate. Nel corso dell’800 si arriva poi alla fabbrica accentrata, ad Albiate, ma anche a Macherio. Così i Caprotti sono diventati degli industriali.
Un secolo dopo è il nonno Giuseppe Caprotti, detto Peppino, che, forte dei finanziamenti americani del piano Marshall e delle sue capacità, fa la fortuna della famiglia. Quel patrimonio che i fratelli Caprotti e la loro madre useranno per partecipare alla fondazione della Supermarkets Italiani (poi Esselunga), acquisendone in seguito la maggioranza. L’autore ripercorre le circostanze nelle quali nacque l’attuale azienda della grande distribuzione che trova il suo punto di partenza nella visione del magnate americano Nelson Rockefeller, il quale ha una concezione degli affari conservatrice ma anche politica e sociale.
Nel dopoguerra Rockefeller costituisce la Ibec, società che aveva “come obiettivo l’apertura di nuove attività imprenditoriali nei paesi in via di sviluppo”. Attiva inizialmente in Sud America, la Ibec amplierà il suo raggio d’azione in Europa: Rockefeller vede nella sua società, che negli anni ’60 controllerà 200 imprese e impiegherà circa 11mila 500 persone in 33 paesi, fatturando 5,5 miliardi di dollari, uno straordinario strumento a sostegno di una politica anticomunista.
James Hugh Angleton, padre di uno dei più leggendari agenti della Cia e lui stesso collaboratore dei servizi segreti dell’Oss dopo lo sbarco degli americani in Italia, ha un ruolo importante nelle scelte italiane di Rockefeller.
Ma Le ossa dei Caprotti non è la storia di Esselunga. È il ritratto di più di tre secoli di storia italiana, con forti “ingerenze” americane. Ci sono “tutti”, in una grande famiglia allargata: da Giuseppe Caprotti, primo industriale, a Peppino Caprotti, nonno dell’autore, artefice dell’ascesa economica e sociale della famiglia nel dopoguerra, a Marco Brunelli, trait d’union tra Rockefeller con i soci italiani e primo presidente della Supermarkets Italiani. C’è Guido Caprotti protagonista di questa avventura: lui e Brunelli, dopo aver dato il via a Esselunga, fonderanno poi anche la GS, una delle catene italiane più importanti.
E c’è naturalmente Bernardo, che con una serie di manager di fiducia, sarà il personaggio principale degli anni’ 60, ’70 e ’80. Si arriva infine ai figli di Bernardo, Giuseppe e Violetta, protagonisti delle grandi innovazioni degli anni ’90 e degli inizi degli anni 2000. Dai superstore al bio e all’e-commerce, passando dalla Fidaty per arrivare alle pubblicità storiche come “John Lemon”, “Scienziato o Cipolla”, “Aglio e Olio”, “Porro seduto”, per citarne alcune.
Nel libro vengono ricostruite anche le faide familiari, ricorrenti e dolorose. Fra queste, le più drammatiche sono quella del bisnonno Bernardo contro il fratello Emilio, quando i Caprotti erano industriali del cotone, seguita decenni dopo dal padre di Giuseppe, Bernardo, con i fratelli Guido, Claudio e la mamma Marianne. E infine il contrasto tra lo stesso Bernardo e i figli Giuseppe e Violetta.
Conflitti, questi, mai risolti, dai quali l’autore si congeda con dispiacere.
Oggi Giuseppe Caprotti, è presidente della Fondazione Guido Venosta.
Nata il 27 giugno 2000, la Fondazione intende, onorando la memoria di Guido Venosta e mutandone le esperienze, promuovere e contribuire ad elevare l’educazione del pubblico verso i più alti ideali culturali e di solidarietà. Guido Venosta, nonno dell’autore, è stato uno degli artefici dell’Airc (Associazione italiana per la ricerca sul cancro) che ha gestito dal 1966 al 1996.
La Fondazione si muove lungo quattro linee direttrici: tutela della salute, ricerca scientifica, promozione della cultura e solidarietà.
Dopo il dolore, l’impegno sociale.
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