Caso Cediser, Falco: «Bene la riapertura, ma non diventi un “parcheggio”»
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SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Caso Cediser, Rosaria Falco: «Bene la riapertura, ma da centro di socializzazione non diventi un “parcheggio”».
«Ho appreso con molta soddisfazione della riapertura, il 29 giugno, del centro Cediser “L’Arcobaleno” – dice Falco – dopo tre mesi di abbandono totale dei suoi ospiti, e pur sempre dietro energiche “spinte”. Si sostiene che molte famiglie abbiano espressamente chiesto di poter riportare gli utenti disabili direttamente a settembre: questa circostanza si può facilmente spiegare sia con la volontà consueta di alcuni familiari che ne hanno la possibilità di far trascorrere ai congiunti disabili l’estate al mare, sia con l’impoverimento progressivo delle attività nelle quali vengono impegnati gli utenti durante le ore di permanenza, tanto che alcuni familiari lamentano circostanze nelle quali essi sono lasciati seduti davanti alla televisione.
Non mi sembra proprio la massima espressione dello stimolo e dell’interazione che non dovrebbero mai mancare a questi ragazzi. Infatti la funzione di tale centro diurno, anziché essere quella di stimolo all’integrazione, alla crescita psichica ed all’autonomia, sembra sempre più quella di fungere da “parcheggio” ove far loro trascorrere qualche ora, senza svolgere spesso alcuna attività socializzante.
Infatti ricordo all’assessore che la priorità dovrebbe essere offrire un servizio soddisfacente, non finalizzato a far trascorrere semplicemente il tempo, e che gli indirizzi, in un campo così delicato, non basta impartirli agli uffici, ma è necessario andare fisicamente a constatare e a vivere sul posto la situazione, per poter giudicare la qualità del tempo che i ragazzi vi trascorrono e, nel caso attuare correttivi e dare indirizzi precisi sulle modalità di svolgimento dei servizi e delle attività. Questa azione di comprensione e condivisione è fondamentale quando si opera nel sociale, ed appare totalmente assente nell’operato di questa amministrazione. Altrimenti non si spiegherebbe come mai per l’assessore sarebbe tutto costantemente monitorato e perfettamente funzionante, mentre la percezione delle famiglie dei disabili ospiti del centro è di un progressivo decadimento e abbandono.
Mi riferiscono inoltre che solo gli utenti più gravi potranno usufruire del servizio di trasporto, mentre gli altri dovranno arrangiarsi, con rilevanti difficoltà per diverse famiglie: è una differenza di trattamento ingiustificabile, di cui non si comprende il motivo, neanche considerando il dovuto distanziamento. Mi piace pensare infine che i servizi sociali comunali debbano offrire un servizio che rispetti le inclinazioni di tutti gli utenti, incentivando attività man mano dismesse. Risulta infatti che, pur avendo ricevuto in donazione un nuovo forno per la ceramica, il laboratorio del centro non sia mai stato riattivato, che quello di tessitura sia stato abbandonato, che gli operatori durante la giornata si avvicendano nelle varie ore e giorni, interrompendosi ogni volta la fiducia, la conoscenza ed i rapporti instaurati con gli utenti, indispensabili per garantire quella continuità che aumenta il senso di sicurezza e di familiarità acquisiti.
Ci sarebbero tanti progetti virtuosi da attivare ed intraprendere con il supporto di un’amministrazione davvero vicina ai soggetti con disabilità, con il coinvolgimento delle famiglie, molte delle quali si sono dichiarate disponibili a contribuire anche economicamente. Si potrebbero “scovare” le competenze e le attitudini di ciascun disabile ad esempio nel disegno, nel creare oggetti da vendere magari come bomboniere, nelle abilità culinarie, utilizzando la mensa per far cucinare a loro stessi i pasti, dietro supervisione: sarebbe un ottimo mezzo per stimolare la logica e la creatività. Si potrebbe poi magari prendere esempio da esperienze virtuose a noi vicine, come quella della Locanda del terzo settore “Centimetro Zero” di Pagliare o quelle dei centri semiresidenziali e dei nuclei abitativi, supportate dal Comune di Grottammare e realizzate dall’Anffas, in attuazione della legge istitutiva del Progetto “Dopo di noi” e del Progetto “Vita Indipendente”. Aprire la strada e agevolare iniziative di questo genere significherebbe avere davvero a cuore lo stile di vita ed il futuro dei nostri concittadini disabili e delle loro famiglie».
Sono la mamma di Michele un ragazzo di 26 anni affetto da sindrome di dravet che frequenta il centro cediser l’arcobaleno si tratta di una disabilità molto grave è invalidante che non gli permette una partecipazione motoria Attiva n’è una piena socializzazione.. per tali motivi è impossibile a Michele svolgere attività laboratoriali di alcun tipo ma può solo potenziare il livello di Integrazione sociale attraverso l’empatia che stabilisce con le persone che l seguono x cui il lavoro per raggiungere miglioramenti in tal senso è basato sulla stimolazione delle possibilità attenti residue e sulla creazione di rapporti emotivamente ed affettivamente intensi e appaganti ho letto con rammarico questo articolo perché solo chi lo conosce bene sia il centro che le diverse disabilita può costatare che queste parole nn sono veritiere , conosco molto bene cediser e ho potuto constatare che la percentuale dei disabili gravi è molto alta per onestà desidero dunque spezzare una lancia in favore di tale struttura che si avvale sicuramente di operatori molto qualificati soprattutto relativamente a sindromi severe con caratteristiche simili a quelle di mio figlio non si tratta certamente di un PARCHEGGIO,ma anzi Colgo con piacere l’occasione per ringraziarli tutti per il lavoro svolto in modo coscienzioso e professionalmente qualificato.