Carcere e Covid, quali i cambiamenti? Nobili: «Carenza di personale, videochiamate ed un nuovo progetto»


ASCOLI PICENO – La pandemia ha stravolto la nostra quotidianità, ma esistono dei luoghi in cui questi cambiamenti hanno una ricaduta estremamente più fragorosa. La Casa Circondariale del Marino del Tronto è sicuramente uno di questi. In quest’ottica, abbiamo contattato il Garante regionale dei diritti della persona, Andrea Nobili, anticipando la sua visita presso il carcere, calendarizzata per lunedì.

«Innanzitutto, ad oggi, possiamo dire che non si riscontrano casi di positività tra i detenuti – afferma Nobili -, lo stesso non lo possiamo affermare per gli operatori, che hanno una propria vita privata fuori. Qualche caso c’è stato. Il tutto viene svolto con un monitoraggio meticoloso, ma che ha comportato una compressione dei diritti dei carcerati. La casa circondariale ha al suo interno circa 130 detenuti, con 40 che provengono dal “rivoltoso” istituto penitenziario di Modena. E’ anche presente, nel computo totale, una buona parte di persone di nazionalità straniera. Questo mi permette di toccare una tematica importante: la struttura di  Ascoli ha la peculiarità di avere molti carcerati fuori Regione. Ciò, naturalmente, ha delle ricadute sulle visite familiari – modalità che è mutata, ma ne parleremo più avanti -.

Nella struttura ascolana, da ben prima dello scoppio della pandemia, non sono più presenti i detenuti sotto regime carcerario disciplinato dall‘articolo 41-bis. Al tempo stesso, la struttura del Marino, fu progettata per accogliere prevalentemente quella tipologia di detenuti, guadagnandosi l’appellativo di carcere di “massima sicurezza”. Ora, quegli spazi, pensati per chi ha pochissimi “diritti”, sono riservati ad un’altra tipologia di detenuti, comportando non pochi lamenti da parte degli stessi.

Le disposizioni nazionali valgono anche all’interno del carcere, soprattutto quando si è chiarito che la visita, presso un Comune diverso dal proprio, ad un familiare non è motivo lecito per lo spostamento. Tutto ciò vuol dire una riduzione della fascia preposta per questo tipo di attività. Per permettere un contatto con i propri cari si è ricorsi alle videochiamate via Skype o telefono. L’unica via che potesse rispettare i dettami vigenti ed il contatto coi parenti.

Anche i vari laboratori sono sospesi. L’attività rieducativa ha sempre avuto un ruolo preminente nel regime di carcerazione, che deve tendere sempre al “reinserimento sociale”, costituzionalmente garantito. Anche Ascoli, come quasi tutte le strutture nazionali, soffre per la carenza di personale. Nella fattispecie: operatori della Polizia Giudiziaria, educatori e, sopratuttutto, la figura dello psicologo o psichiatra.
Molti dei detenuti soffrono di malattie psicologiche, meritando particolare attenzione e particolari cure».

E’ anche notizia recente la firma del protocollo d’intesa. Questo avrà come obiettivo l’utilizzo dei carcerati in lavori di pubblica utilità ed a bassa responsabilità.

«Recentemente è avvenuta questa firma – continua Nobili -. Rispetto a questo tema specifico, deve essere riconosciuto il merito al procuratore generale Sottani, il primo a caldeggiare ed attivarsi per questo piano. “Mi riscatto per il futuro” è un progetto che vedrà l’utilizzo dei detenuti per lavori di manutenzione ordinaria degli uffici, per attività di front-office, cura delle aree verdi di pertinenza delle sedi giudiziarie. E’ un disegno che verterà sull’attuazione piena dell’articolo 27 della Carta Costituzionale, favorendo progetti animati da uno scopo di “reinserimento sociale”. Ma avrà anche una importante ricaduta sociale su chi, nel carcere, non è mai entrato».

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