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Burocrazia e appalti pubblici, un Everest da scalare per le piccole imprese
Nonostante le difficoltà che ad oggi caratterizzano il mondo delle imprese, condizionando trasversalmente ogni settore economico, la stagione delle opportunità legate al Superbonus, al Pnrr e al Fondo complementare sta portando con sé una crescita costante per il mercato degli appalti pubblici italiani, capace di movimentare nel solo 2021 un volume di affari da 199,4 miliardi di euro, con una crescita vertiginosa di quasi 100 miliardi di euro dal 2016.
Una notizia apparentemente confortante per le micro e piccole imprese del Piceno, che tuttavia, all’atto pratico, si traduce in una sostanziale esclusione dalle procedure di gara.
È ciò che emerge dall’analisi condotta dalla CNA nell’ambito dell’Osservatorio burocrazia, che in questa quarta edizione punta i riflettori sulle criticità legate alle gare d’appalto evidenziando gli innumerevoli ostacoli burocratici che quotidianamente impediscono alle piccole realtà imprenditoriali, cuore pulsante dell’economia italiana, di accedere ad appalti pubblici concentrati, per oltre i due terzi del totale, su bandi di importo superiore a 5 milioni di euro.
Di fronte a cifre di questa portata e ad appalti che nell’82% dei casi esaminati – oltre 6704 bandi di 28 città italiane – non prevedono la suddivisione in lotti e – in 4 appalti su 5 – non ne motivano adeguatamente la scelta, è evidente come i piccoli imprenditori del territorio fatichino a esprimere la propria professionalità in ambito pubblico, lasciando inevitabilmente spazio ai grandi gruppi imprenditoriali e al dilagante fenomeno del sub-appalto.
Un quadro paradossale ed estremamente preoccupante per le micro e piccole imprese italiane, che pur costituendo oltre il 96% delle aziende italiane possono potenzialmente accedere solo al 17% del mercato degli appalti pubblici, aggiudicandosi a fatica circa il 5% del valore complessivo del mercato.
Nel confronto con i principali attori dell’economia mondiale, la situazione di certo non migliora. In Francia, infatti, la quota di riserva minima a favore delle piccole e medie imprese viene stabilita nella misura del 10% del valore stimato di un contratto pubblico, mentre negli Stati Uniti d’America la quota sale addirittura al 23%. In Spagna, inoltre, la suddivisione in lotti è addirittura obbligatoria e non facoltativa come in Italia, dove il mercato degli appalti pubblici si è progressivamente trasformato nella cartina di tornasole delle difficoltà burocratiche a cui ogni giorno artigiani e piccole imprese devono far fronte, come nel caso degli innumerevoli allegati puntualmente inseriti nei bandi di gara, che nei casi peggiori arrivano a toccare quota 150 documenti.
Un’ulteriore problematica riguarda la mancata digitalizzazione delle procedure, che 36.000 stazioni appaltanti italiane gestiscono in maniera differente l’una dall’altra. Solo 3 su 10 garantiscono la piena trasparenza delle informazioni di gara, mentre 4 su 10 non pubblicano alcun dato relativo all’aggiudicazione, che nel 30% dei casi arriva al termine di una gara svolta ancora in modalità cartacea, con buste sigillate inviate tramite raccomandata.
Per ricalibrare un sistema che ad oggi presenta fin troppe falle, la CNA di Ascoli Piceno, sulla scia del lavoro svolto dall’associazione a livello nazionale, si fa portavoce di soluzioni immediate ed estremamente concrete, in grado di facilitare l’accesso delle piccole imprese agli appalti pubblici.
A cominciare dalla stesura di un Codice degli appalti che dal 2016 ad oggi ha subito ben 813 modifiche, che tornare al più presto a rappresentare uno strumento di lavoro chiaro e con regole proporzionate alla dimensione degli operatori economici coinvolti, la riforma delle procedure di gara dovrà necessariamente passare dalla semplificazione del regime degli appalti sotto soglia e dall’applicazione di una riserva obbligatoria, sul modello francese, in favore delle piccole imprese, per le quali si auspica l’introduzione di un vero e proprio “ambasciatore” nei meccanismi delle stazioni appaltanti, in modo da tutelarne diritti e interessi.
Un passo in avanti che non potrà in alcun modo prescindere dalla trasparenza delle informazioni e delle comunicazioni e da una piena digitalizzazione delle banche dati per ridurre gli oneri burocratici a carico delle imprese. Sarà inoltre necessario favorire – e non solo sulla carta – le forme aggregate di imprese superando le criticità che ad oggi penalizzano i consorzi, come anche lavorare sulla proporzionalità dei Criteri ambientali minimi (Cam) e, ovviamente, istituire una cabina di regia che possa monitorare da vicino l’attuazione della riforma.
«Pur vantando uno dei più importanti patrimoni imprenditoriali al mondo, il nostro Paese continua a penalizzare le piccole realtà anziché favorirne la partecipazione attiva al mercato degli appalti – dichiara Francesco Balloni, direttore della CNA di Ascoli Piceno -. Per far fronte a una situazione estremamente preoccupante, come associazione abbiamo individuato delle strategie semplici ed efficaci in grado di garantire una maggiore equità nell’assegnazione dei bandi, un processo ad oggi dominato da una burocrazia imperante che necessita di una piena trasparenza per tutelare le imprese e garantire un’equa competizione.
In particolare, la semplificazione del regime degli appalti sotto soglia è un punto essenziale su cui l’associazione territoriale di Ascoli Piceno è da sempre in prima linea, nella convinzione che l’applicazione di procedure differenziate in relazione alla portata economica degli appalti sia indispensabile per favorire l’accesso delle micro e piccole imprese alle gare pubbliche».
«Dialogando quotidianamente con chi fa impresa non possiamo non evidenziare le inaccettabili contraddizioni previste da procedure estremamente limitanti e da un codice degli appalti in balia di continue modifiche – commenta Arianna Trillini, presidente della CNA di Ascoli Piceno -. Abbiamo chiesto al governo Meloni di intervenire rapidamente e con forza sulle troppe disfunzioni che ad oggi caratterizzano il mercato degli appalti, che con le sue criticità finisce per penalizzare le piccole imprese in primis, ma anche le comunità locali».
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