Bancario sconfinava sul suo conto: la Cassazione conferma licenziamento

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Un cassiere della Banca Popolare di Ancona operava sul suo conto corrente in maniera anomala. Un pomeriggio, poi,  si era allontanato dalla filiale di San Benedetto senza chiudere a chiave l’ingresso, lasciando addirittura  la serranda alzata.

La direzione ha emesso il provvedimento disciplinare di licenziamento. Lui, il cassiere, dopo la sentenza della corte di Appello di Ancona, che ha riconsciuto le ragioni dell’istituto di credito,  si è rivolto alla corte di Cassazione di Roma chiedendo di annullare il pronunciamento dei giudici dorici. Ma i magistrati della corte Suprema hanno respinto l’istanza del dipendente, che per motivi di privacy chiameremo Antonio.

Di cosa era accusato Antonio? Di avere autorizzato, operando dalla sede di lavoro, in un giorno di agosto 2012, uno sconfinamento sul proprio conto corrente, acceso presso una diversa filiale della banca in cui lavorava, onde procedere ad alcuni pagamenti.

Di avere poi prelevato mille e 500 euro, determinando così un secondo sconfinamento dal suo conto corrente.

Di avere nel giro di pochi mesi effettuato 83 operazioni bancarie, consistenti in piccoli versamenti e prelievi, invece di affidarle ad un collega cassiere, come previsto dalla normativa interna.

Inoltre, il bancario aveva  omesso, tra gennaio e luglio 2012, di richiedere ai clienti, che prelevavano denaro sul conto corrente, di annotare di proprio pugno, sulla contabile, il numero di conto  e l’importo da prelevare.

In apparenza sembrano peccati veniali: per i giudici costituiscono invece giusta causa di licenziamento.

A questi comportamenti anomali si aggiunge un fatto che, con eufemismo, definiremo “curioso” . Un giorno di agosto del 2012 Antonio si allontana dalla filiale alle ore 16,30, lasciando la serranda esterna alzata, dimenticando pure di  chiudere a chiave la porta. Dopo questo episodio la banca, che evidentemente teneva Antonio sotto osservazione, lo licenzia.

Il cassiere presenta ricorso al Tribunale di Ascoli, che accoglie l’istanza, pronunciandosi nel febbraio 2014. La Banca Popolare ricorre alla corte di Appello di Ancona, che nel novembre 2014 riforma la sentenza di primo grado.

La Corte territoriale rilevava, però,  essere necessario un diverso apprezzamento delle condotte di grave negligenza. I giudici di Ancona sottolineavano la mancata chiusura regolamentare della sede di lavoro e le operazioni di prelievo con distinta incompleta, per le quali soccorreva l’assenza di precedenti rilievi disciplinari, rispetto alla condotta di consapevole e sistematica violazione dell’obbligo relativo alle operazioni sul suo conto corrente. Conto che aveva acceso presso la filiale numero uno  di Porto d’Ascoli. In particolare, i giudici evidenziavano che al dipendente corre l’obbligo di non determinare sconfinamenti non autorizzati.

E arriviamo, infine, alla sentenza emessa qualche settimana fa dalla corte di Cassazione di Roma, che ha respinto il ricorso di Antonio, ora ex cassiere della Popolare di Ancona.

 

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