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Anche l’oliva ascolana tra le tipicità a rischio dopo la Brexit?
ASCOLI – Con l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea per i prodotti italiani agroalimentari (ma non solo) rischia di aprirsi uno scenario problematico che potrebbe costare caro alle eccellenze del “Made in Italy”. Senza un accordo commerciale dettagliato tra le due parti si assisterebbe al ritorno delle frontiere con il conseguente pagamento di dazi e controllo delle merci che provengono dall’Italia. Ma sono anche a rischio le garanzie sulla tipicità dei prodotti.
L’Italia è il Paese europeo con il maggior numero di prodotti agroalimentari a denominazione di origine e a indicazione geografica riconosciuti dall’Unione Europea. In particolare si tratta di 823 prodotti di cui 299 agroalimentari e 524 vini. Nel sistema risultano inoltre coinvolti circa 200.000 operatori e 283 Consorzi di tutela.
I prodotti enogastronomici con Denominazione della Regione Marche sono 37 di cui 16 prodotti agroalimentari e 21 vini tra cui anche l’oliva ascolana del Piceno Dop.
“Affinché si possa salvaguardare il “Made in Italy” agroalimentare bisogna stipulare un accordo nel quale siano regolate una serie di questioni fondamentali per gli scambi – commenta Rosa Mosca, esperta di proprietà intellettuale – e che non deroghi ad alcuni principi fondamentali come la tutela dell’ambiente e della salubrità degli alimenti, la salvaguardia dell’agricoltura in quanto tale, il riconoscimento dell’origine dei prodotti e delle materie prime”.
“In attesa degli auspicati accordi commerciali – conclude Rosa Mosca” per ciò che concerne i titoli di privativa quali i marchi collettivi, che informano i consumatori che il produttore dei beni o il fornitore di servizi appartiene a una determinata associazione di categoria e che ha il diritto di utilizzare il marchio che hanno lo scopo di certificare determinate caratteristiche dei prodotti o dei servizi, ci sarà la possibilità entro 9 mesi dall’uscita definitiva del Regno Unito dall’UE di creare un corrispettivo parallelo marchio nazionale, così da avere una tutela, seppur minima, del prodotti italiani nel Regno Unito”
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